Durata Viaggio

Ho fatto il giro del mondo in 157 giorni e 4 ore

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martedì 28 settembre 2010

Cruz del sur

Oggi mi ero calcolato tutto alla perfezione:
Partenza in pullman da Lima alle 13
Arrivo ad Ica alle 17 (un'ora prima che calassero le tenebre)
Trasferimento in colectivos a Huacachina
Ostello in riva alla laguna
Pollo e arroso in un ristorante barato della cittadina
L'unica cosa che non ho calcolato è che non sto in Australia o Nuova Zelanda e che qui può succedere che un autobus faccia un'ora di ritardo.
 Un climax discendente ha caratterizzato la giornata cominciata verso le 11 in stazione dove ho aspettato l'autobus con una australiana che non sapendo lo spagnolo aveva ordinato una cosa sbagliata (piccole gioie della vita rimediare una cheesecake alle fragole gratis), poi sono salito in pullman, i sedili paragonabili alla prima classe di un aereo, mi hanno servito anche il pranzo e dato coperta e cuscino per rilassarmi mentre mi godevo un film. Si sono involontariamente uscito dal Perù per 5 ore e finito in un autobus lussuoso, mai visto soprattutto per quel ridicolo prezzo di 50 soles. Affianco a me il simpatico signor Gustavo peruano di Lima diretto ad Arequipa, comincio subito a farci conversazione per migliorare la lingua, ho fatto passi da gigante ora riesco a coniugare i verbi anche irregolari al presente e al passato prossimo alla persona giusta e so anche le congiunzioni, domani è la giornata dedicata ad imparare gli altri tempi. Dal finestrino ammiro un deserto immenso non paragonabile a quello visto in Nuova Zelanda o in America, nonostante la moderna autostrada Panamericana si trovi in riva al mare intorno a noi c'è un arida sconfinata distesa di sabbia priva di ogni forma di vita.
Pullman Cruz del Sur
Tra tutti le varie sensazioni possibili questo paesaggio di morte ma comunque spettacolare mi provoca sete, quindi allo stewart chiedo una coca-cola che con immenso piacere scopro essere gratis (direi seconda piccola gioia della giornata), comincio a pensare che restare i prossimi tre mesi su questo pullman non sia una così brutta idea.
Quando realizzo che il pullman è in  ritardo e comincia a far buio decido che non sia il caso di prendere il colectivo e che posso raggiungere domani Huacachina, chiedo al mio vicino se Ica sia pericolosa, mi risponde dicendo che il giorno non è pericolosa. Ho notato che le risposte della gente sono sempre piuttosto criptiche quando chiedo se un luogo sia pericoloso o meno.
Dalla stazione del pullman  secondo la Lonely Planet, che odio ma non disdegno qualche sua indicazione di tanto in tanto, dovrei fare 7/800 metri per giungere ad un'ostello.
Mi era stato preannunciato la sera precedente dal primo backpacker italiano incontrato nel  mio viaggio che nel resto del Perù la sensazione di insicurezza è più forte nonostante il posto peggiore sia la capitale, a Lima mi ero abituato ma qui è completamente diverso: strade sterrate, baracche come case e gente che ti fissa in modo strano acuiscono i miei timori (che comunque so essere pippe mentali, ma datemeli un paio di giorni per abituarmi).
Antifurto Homemade
Esco dalla stazione, la strada è affollata, dopo pochi metri noto uno che mi segue. "Mi segue" questa sicuramente è un'altra pippa mentale, c'erano chissà quante altre persone che camminavano davanti e dietro di me. Neanche un'isolato dopo la stazione noto la scritta Hostal, mi ci fiondo, niente camerate solo stanze private a 45 soles nulla se paragonato ai prezzi americani ma dopo due giorni qui sembra già una follia. Riesco a rimediare uno sconto di 5 soles e a farmi dare una camera con il wireless, sono le 19 e passerò chiuso in camera le prossime 15 ore devo avere qualcosa da fare.
 La mia camera ha la maniglia mezza rotta, fantastico, entro e subito spingo il letto e la sedia a bloccare la porta, poi mi mangio il panino al prosciutto preparatomi la mattina e ho ancora fame maledizione! Noto sul letto un involucro bianco e verde di plastica dalla forma rettangolare con scritto: "Super Suave y Cremoso" convinto che sia un cioccolatino di benvenuto lo scarto...
 Saponetta...
 La camera è grande abbastanza per farci entrare il letto e la sedia, molto sporca soprattutto dove prima c'era il letto, perlomeno il bagno è immacolato e mi hanno pure fornito due asciugamani grigio sbiadito...

domenica 26 settembre 2010

Los Colectivos

Secondo giorno in Perù, sempre a Lima.

La sera del primo giorno dopo un pomeriggio passato a vomitare, forse a causa dell'empanada presa per strada, il crucco mi ha chiesto di andargli a prendere una medicina in farmacia. Mi sono fatto dire la strada in ostello e con il vocabolario mi sono preparato la spiegazione per la farmacista. Per qualche strano motivo non avevo controllato vomitare, quindi mi sono dovuto prodigare in una imbarazzante messainscena di uno che vomita per poi scoprire che in spagnolo si dice come in italiano. Vale.

Il fulcro di questo post per vostra fortuna non è l'emesi del mangiapatate.
Questa mattina avevo infatti deciso di raggiungere un sito archeologico poco fuori Lima: Pachacamac. Mi si presentavano varie alternative per raggiungerlo:

  •  Tour organizzato (scartato a priori)
  • Taxi a circa 40 soles sola andata
  • Autobus pubblico 5 soles sola andata
  • Colectivos
I colectivos avevano attirato la mia attenzione già dal giorno prima, anche se un po' impaurito non mi ci ero avventurato, forse chi mi legge dal sud-est asiatico sa già di cosa parlo: sono dei furgoncini dotati di panche dopo possono essere stipate fino ad una ventina di persone autista e bigliettaio incluso, qui su ogni forma di trasporto ci sono l'autista e una persona che fa pagare il biglietto, seguono una rotta prestabilita e possono essere fermati in qualunque punto del tragitto, il bigliettaio oltre a far pagare apre la porta scorrevole e urla la rotta quando vede qualcuno sul marciapiede, si sale e scende velocemente come soldati su un mezzo militare.
Dopo questo preambolo mi sembra superfluo dire che la mia scelta è ricaduta sui colectivos.
Appena sveglio vado a fare colazione, prendo due banane così una la mangio e mi preparo per la gita fuori porta: segno sul moleskine nomi di strade e luoghi che mi potrebbero tornare utili durante il giorno, molto più comodo che portarsi dietro la guida che necessita immancabilmente di uno scomodo zaino a cui dovrei prestare troppa stancante attenzione, il portafogli lo lascio nell'armadietto dell'ostello insieme al passaporto, metto nella carta di identità i soles sufficienti a qualunque evenienza (così se mi ferma la polizia pensano pure che li voglio corrompere) e mi porto dietro anche la mia santa tessera scaduta della sapienza, tanto per essere barbone fino in fondo e ottenere sconti destinati agli studenti, a prova di scippo mi avvio alla ricerca del mio odierno mezzo di trasporto. Mi sono portato dietro anche la macchina fotografica nonostante possa attirare l'attenzione l'ho ritenuta indispensabile.

Vado all'incrocio tra due grosse strade e chiedo al primo furgoncino che si ferma se va a Pachacamac, si, botta di ...






Salgo e dopo neanche 20 metri si ferma nuovamente a caricare altra gente, inizialmente penso sia gratis ma dopo qualche fermata la bigliettaia rivendica i 2 soles dovuti. Sono seduto su una panca senza schienale, o meglio c'è ma è il dietro di quello dell'autista quindi ad ogni frenata io schiaccio l'autista sul volante e in accelarazione lui mi spinge contro quelli che mi sono seduti di fronte. La portiera su del mio lato è chiusa da un paio di giri di nastro isolante mentre quella da cui sale la gente viene tenuta aperta in continuazione. Sul colectivos già si sta stretti e un tipo addirittura non ha spazio per sedersi, nonostante ciò continua a fermarsi e a chiedere ai passanti di salire. L'autista si muove con destrezza nel caotico traffico peruviano con svicolate acrobatiche e manovre degne di uno stuntman. Addirittura si ferma e carica gente nella corsia di emergenza dell'autostrada. Dopo un'oretta le strade della città diventano sterrate e mi dicono di che sono quasi a destinazione e ora devo prendere un autobus pubblico. Mi fanno scendere e aspetto l'autobus numero 6 in un quartiere decisamente non turistico, certo della mia morte imminente cerco di fermare un taxi, se solo  ne passasse uno, in questi primi attimi di panico un bambino  a pochi passi da me si tira giù i pantaloni e concima il terreno. Fattomi coraggio chiedo ai genitori se era il posto giusto per prendere il bus e la loro risposta è purtroppo negativa. Decido di tornarmene a Lima un po' amareggiato per non aver potuto vedere le rovine ma in fin dei conti il mio obbiettivo era sopravvivere al colectivos...

sabato 25 settembre 2010

Latino America


 

Nonostante le ansie e le emozioni simili a quelle prima della partenza per l'Australia che mi hanno assalito in aero sono caduto in un profondo sonno destato ogni tanto da qualche piccola turbolenza, talmente profondo che non mi sono svegliato per la colazione. Gia in attesa dell'aereo si respirava un altro clima: guasto all'aria condizionata con conseguenti 25 minuti di ritardo, annunci rigorosamente solo in spagnolo per la gioia degli inglesi che stavano su quel volo e appena aperto il gate invece della classica ordinata fila a cui questi paesi anglosassoni mi avevano abituato si forma un caotico mucchio di bagagli e persone che cercano di entrare tutti insieme, ma la ciliegina sulla e stato l'applauso all'atterraggio. In aeroporto dopo i controlli di rito cerco di raggiungere la zona di Miraflores, potevo scegliere tra un taxi condiviso per 50 eurocent o uno privato per qualche euro in piu. Ancora leggermente prevenuto verso questo paese e con qualche ansia ho scelto quello privato anche se poi mi é bastato camminare qualche ora per Lima per capire che non ci sono pericoli. In ostello conosco un tedesco (strano un crucco!!!) che ha quasi finito il suo viaggio tra Ecuador e Peru, lo trascino con me pensando che in due si corrono meno pericoli che da solo e qualunque cosa posso lanciare lui in pasto alle belve e scappare. Mai scelta peggiore avrei potuto fare, l'uomo piú pessimista mai conosciuto che trova il lato negativo di ogni cosa e trascina nel suo pensiero qualunque cosa gli orbiti intorno, fortuna che la sua visione negativa del sud america era contrastata dal mio entusiasmo o mi sarei tagliato le vene dopo pochi minuti. Mi ha immediatamente parlato malissimo del cibo e delle bevande peruviane, penso anche di capire perché non gli piaccia il cibo locale: abbiamo pranzato con delle empanadas prese ad un carrettino e ora é sdraiato sul letto con un forte mal di stomaco. Il traffico della cittá é micidiale, probabilmente é anche una dei luoghi piú rumorosi del mondo: il clacson é d'obbligo premerlo almeno ogni 5 secondi, attraversare la strada é un'ardua impresa dato che nessuno si ferma ne che sia rosso ne che tu sia sulle strisce. Lo spazio é poco su ogni mezzo pubblico, tocca stare compressi come sardine in autobus ma la musica latino americana a tutto volume su ogni vettura rende il tutto folcoristico. Anche l'architettura lascia un po a desiderare, fatta eccezzione per quella coloniale, palazzi incompleti si trovano un po' ovunque, probabilmente il piano regolatore della cittá é fatto da calabresi. Nonostante tutto ció la cittá é molto pulita e anche i suoi abitanti sembra che tengano molto all'igiene personale. Addirittura l'ostello in cui mi trovo é nettamente superiore ad uno qualunque in cui sia stato degli States. Le persone sono sempre inizialmente un pó chiuse ma quando capiscono che non sei americano o inglese si lasciano andare e diventano dei socievoli dispensatori di consigli.La parte difficile é lo spagnolo da quando ho messo piede fuori  dall'aereo non ho parlato inglese con nessuno eccetto i crucchi che stanno in ostello, la mia capacitá di espressione é molto ristretta: le mie frasi risultano essere  una combinazione dei verbi tenere, potere e volere rigorosamente sempre alla seconda persona singolare con l'aggiunta di qualche parola appena trovata sul vocabolario oppure le domande dove sta/ come si arriva in dato luogo...



PERO ESTAMOS MEJORANDO

giovedì 23 settembre 2010

E dopodomani Perù

L'idea di fermarsi a Quebec per qualche giorno è saltata. Quando sono andato a pagare per stare il terzo giorno ho sentito la frase peggiore per un viaggiatore zaino in spalla. Sentirsi dire "Fully Booked" significa senza alcuna previsione dover controvoglia cambiare i propri piani, perchè sicuramente tutte le altre accomodazioni della città avranno la stessa risposta. E così leggermente seccato mi sono messo su internet a vagliare le ipotesi papabili. Alla fine la deciscione è ricaduta su fermarmi la notte successiva a Montreal e prendere la notte il bus per New York.



Ergo torno a quella grande città francofona che non mi era piaciuta. Arrivo a Montreal dopo l'ora di pranzo con un rodimento unico sia per il fatto che ancora non avevo pranzato sia perchè ero di nuovo nella peggiore città del  Canada. Passo un apatico pomeriggio impegnato a lavare prima me poi i miei vestiti e la serata a cucire le patch sullo zaino, fortuna che fra le vaccinazioni prima di partire c'era l'antitetanica dato che il mio pollice destro si è trasformato in uno scolapasta. Dopo essermi punto con l'ago per l'ultima volta cado sul letto e mi addormento. Il mio principe azzurro verrà a svegliarmi con un bacio il giorno dopo in tempo per il check-out e per principe azzurro intendo l'indiano che stava al letto di sopra, e per bacio intendo avermi messo il piede in faccia scendendo. Ok sono le 11 am e il mio bus partirà alle 3 am mollato lo zaino alla stazione sorge l'ovvia domanda su come ammazzare il tempo, trovo la risposta nel vagare per la città. All'ora di pranzo arrivo  nel parco dove una quindicina di persone stanno suonando tamburi e altri strumenti a percussione mentre uno li vicino con movimenti scoordinati sembra stia cercando di ballare (so che quando avete letto scoordinati avete pensato subito a me, ma non ero io). Passo il resto della giornata vedendo qualche altra zona e una partita di football americano, alla sera mi godo la mia ultima Poutine e conosco una ragazza messicana che studia a New York anche lei in fila per prendere il pullman.

Nuovi inutili controlli alla frontiera destano il mio sonno ed eccomi rientrare nella terra a stelle e strisce. Alle 9 di mattina sono nell'ostello dove ovviamente mi dicono di tornare alle 3... Ergo nuovamente dopo una scomoda notte mi aggiro per le vie di Manhattan come uno zombie, passeggiando tra tombini fumanti e carretti in cui vendono qualunque tipo di cibo, la sera incontro pure l'australiana che avevo conosciuto a  Flagstaff. Sto sperimentando un po il tipo di vita che si faceva prima del cellulare dato che nessuno può chiamare altri, come la brasiliana che ho conosciuto in Canada sta anche lei in questo ostello l'ho incontrata il primo giorno mentre faceva il check-in e ci siamo detti: "Ci vediamo dopo"... Sono passati 3 giorni.

Cominciano adesso i preparativi per la prossima meta, si apre la Lonely Planet e si cercano su internet tips
per il Peru..


Poliziotti che mangiano ciambelle...

venerdì 17 settembre 2010

Quebecoise




Dopo quasi tre mesi che sono in continuo viaggio da una città ad un altra mai fermandomi più di un paio di giorni eccomi che arrivo nel punto più a nord che raggiungerò nel mio viaggio: Quebec o Quebec City scegliete se chiamarla al modo dei francofoni o degli anglofoni. Avevo intenzione di raggiungere un parco leggermente più sopra, ma quel leggermente si traduce in nove ore di pullman, quindi mi fermo, mi sembra di bestemmiare: ho già visto la città questo pomeriggio mi chiedo cosa posso fare domani tutto il giorno... e dopodomani? Ho comunque bisogno di recuperare dai 3 giorni di pullman, negli ultimi giorni ero sempre stanco e facevo fatica a svegliarmi, devo ricaricare le batterie che fra una settimana raggiungerò la parte più difficile, ma penso anche più bella del mio viaggio: il sud america. Anche perchè stasera ho cenato con una brasiliana che mi ha rincoglionito con tutti i bei posti dove andare nel suo continente, sembrava lavorasse per qualche agenzia di viaggi.
Comunque abbandoniamo le mie riflessioni e vediamo cosa ho fatto gli ultimi giorni.
Verso la fine della mia terza notte di pullman arrivo finalmente al confine con il Canada, il pullman si ferma e ancora assonnati ci fanno scendere e prendere i nostri bagagli, entriamo in un edificio dove un poliziotto canadese, noncurante dei miei postumi da "poco e scomodo sonno" , parte quella filastrocca di domande che comincio a conoscere:

-Da dove vieni?
 Italia
 -Perche vieni qui? 
Viaggio
 - Porti del cibo?
 Si caffè pasta e un paio di mele
-Stai importando droghe o sei venuto qui per compiere un atto terroristico?
Si sono il figlio della sorella di Escobar e Bin Laden sono venuto qui per distruggere il Canada... 


Sull'utilità dell'ultima domanda nutro seri dubbi.
Passati questi 5\10 minuti a farti domanda il tutto si conclude con un Wellcome to Canada e un'altro timbro sul passaporto

Cn Tower

Arrivo a Toronto alle nove di mattina mentre la città si sveglia, aria fresca città moderna e pulita anche qui gli homeless non mancano, ti aprono anche le porte dei centri commerciali o dei negozi. E' comunque una versione leggermente migliorata di una città statunitense. Parto subito alla ricerca del mio ostello, lungo la strada faccio colazione con una specialità canadese: la coda di castoro, non schifatevi è un dolce con sopra sciroppo d'acero. L'ostello fa il check-in alle 4, tecnica tremenda per costringerti a pagare il deposito del bagaglio, ma funziona sempre far leva sull'umanità di chi sta alla reception e convincerlo di quanto sia ingiusto un check-out alle 10 di mattina e un check-in alle 4 per rimediare il deposito gratuito. Aspettando le quattro comincio a vagare senza meta per la città arrivo fin sotto alla CN Tower e vedo la gente che entra allo stadio, speravo fosse una partita di Hockey ma erano i Toronto contro i Tampa di baseball prendo un biglietto da 7 euro e mi godo le successive tre ore di gioco. Nonostante l'orgoglio dei canadesi e quanto non piaccia loro essere comparati ai cugini americani questa città sembra faccia di tutto per essere americana sia nell'aspetto che anche nello sport: tutte le squadre giocano nella lega americana!!!





Il giorno dopo alle 8 di mattina vado a prendere il pullman che mi porta fino alle ericascate del Niagara. Prima quelle americane e poi mi dirigo con la barca verso le più famose canadesi a ferro di cavallo (horseshoe).
Niagara Falls
Il pullman ci scarica poi a Prince of Galles una città rimasta indietro di cinquant'anni che ancora non è stata Mcdonaldizzata e nelle sue bakery si possono trovare ottime pie di manzo o pollo. Qui conosco anche una scozzese di Glasgow che è stata praticamente ovunque, qualunque paese le nominassi lei partiva con una storia di quando era stata li.






Terzo giorno in Canada, ovviamente dopo due notti passate a Toronto non posso che cambiare location e la mattina prendo il primo bus per Ottawa, capitale del paese, scelta per trovare un compromesso tra i Quebecoise e gli anglofoni è divisa da un fiume  che d'inverno gela e ci si può pattinare: a Sud è Ontario a Nord è Quebec. Un posto pieno di edifici storici che ricorda un po l'Europa. Per le sue strade posso gustare anche una seconda specialità canadese: la poutine, patatine fritte ricoperte da formaggio fuso e un denso strato di suco con pezzi di carne, in certi posti ci aggiungono anche il foie grais. L'ostello è in una ex prigione nel centro non ci sono camerate ma stanzine con un solo letto a castello e sbarre al posto della porta.

Canali di Ottawa


Quarto giorno
Mi sveglio stanco morto, mi carico lo zaino che sembra essere sempre più pesante non so per quale motivo e cammino fino alla stazione del pullman per arrivare poi a Montreal.
Entro finalmente nella parte francese del canada e il clima è completamente differente, Montreal sembra una qualunque città europea, o meglio, francese. Appena sceso dal pullman un tipo mi strappa letteralmente la guida di mano e mi da indicazioni per dove andare e cosa fare in città. Montreal comincia male, il primo ostello a cui mi dirigo è chiuso, trovato uno aperto comincio a girare la città che non ha nulla di interessante a mio avviso, inoltre mancano spazi aperti a meno che non si vada in riva al fiume.


Museo della Natura Montreal


Il quinto giorno fuggo da Montreal e arrivo dopo qualche ora di pullman a Quebec, appena sceso alla stazione vedo un tedesco che avevo incontrato a Montreal, con scaltrezza lo evito, non voglio finire in una camera con lui nell'ostello. Comincia la faticosa camminata, il centro della città si trova in cima alla collina, ma finalmente mi trovo in una bella città con un pò di storia. Ok ora ho visto già la città due volte la prima da solo e la seconda con Patricia e Mirjam ora devo trovarmi qualcosa da fare per non impazzire in Quebec...

Quebec City


Quebec da una prospettiva migliore ovviamente non scattata da me





giovedì 16 settembre 2010

USA

Devo a malincuore dire che gli stati uniti per ora si sono rivelati la meta piu' deludente del mio viaggio. Non sapevo bene cosa avrei trovato ma certamente non immaginavo citta' vecchie e sporche, costituite da una downtown piena di grattacieli che sembrano dei giganteschi monoliti di acciaio o cemento dove qualcuno a scavato delle finestre, tutto il resto della citta': vediamo nei film la bella casa bianca a due piani con un giardinetto davanti e dietro circondata da una staccionata, una realta' travisata dai registi dato che quasi tutte le abitazioni in quartieri di un degrado impensabile sono dei prefabbricati minuscoli con il giardino in stato di semiabbandono delimitato da una rete metallica rotta ma dove comunque sventola una bandiera a stelle e strisce. Un numero indefinito di homeless ad ogni angolo di strada chiede un quarto di dollaro e qualunque tipo di servizio pubblico e' pessimo, fatta eccezione per quelli che costano 5 dollari a singola corsa, ma credo che questi ultimi siano gestiti da compagnie private. L'edificio piu' moderno e pulito che vedo nei boulevards e gli avenues delle citta' grosse o minuscole che siano e' sovrastato da una scritta al neon del tipo Burger King, Taco Bell o Dunking Donuts, e qui mi fermo perche' la quantita' dei nomi e' spropositata, si puo trovare la versione fast di qualunque cibo. Questo spiega anche le malsane dimensioni degli americani. Per non parlare dell'enorme quantità di mutilati e di persone su sedia a rotelle, questo penso sia causa sia dei vari conflitti in cui  la popolazione è stata sbattuta sia dell'assistenza sanitaria. Attraversando il paese più volte mi sono domandato come possa essere la nazione più potente del mondo, mi sono risposto che nonostante tutti i problemi la loro forza nasce da quella bandiera che vedo sventolare ad ogni angolo che unisce 300 milioni di persone, penso presto questo ruolo potrà essere preso dall' Unione Europea quando sarà qualcosa più che una moneta.

sabato 11 settembre 2010

Extrem hiking

Nonostante la pessima giornata il giorno dopo resto con i miei nuovi amici (dopotutto hanno la maccchina e mi possono portare in luoghi dove non potrei arrivare).
Si torna nel Grand Canyon stavolta da soli, senza guida, per entrare a far parte di quelle poche persone che ne toccano il fondo. L'inizio e' di una facilita' mostruosa: in discesa e con una temperatura umana. Nella discesa ho modo di conoscere meglio i miei compagni di viaggio e di scoprire che Yasmin dopo avermi detto che potrei uccidere qualcuno con il mio accento italiano si diverte moltissimo a correggere i miei errori grammaticali di inglese...
Per la prima volta dopo una camminata di qualche ora raggiungo la mia meta riposato e fresco come una rosa, bagno le dita nel Colorado river, torno un po piu' in alto e mi siedo ad ammirare il Grand Canyon, allungando ogni tanto la mano per controllare che il cielo limpido non sia un fondale finto. Inutile tentare di descrivere il panorama di cui sono stato spettatore. A differenza di tutte le altre volte che ho fatto hiking/bushwalking/trekking la parte peggiore comincia quando si va via. Mi giro per tornare in cima al canyon, di fronte a me ci sta un percorso di 6 miglia con un dislivello di poco superiore ai mille metri, come se non bastasse i vari termometri sparsi per il percorso segnano 34 gradi all'ombra! Fortuna che ogni 1.5 miglia c'era un rifugio con ombra e acqua fresca per riempire la mia camelbak che svuotavo ad una velocita' impressionante. Con la faccia rossa gonfia come un pallone e le gambe che ormai camminavanoo per inerzia dopo 3.30 ore raggiungo la cima.
Da USA Canada e Mexico

Da USA Canada e Mexico

Da USA Canada e Mexico

Un'oretta di pausa per fare compagnia a Yasmin che aspetta il pullman per tornare a flagstaff e con Julius riparto alla volta della Monument Valley. Quattro ore di guida in una strada priva di curve altre macchine o centri abitati, in cielo posso vedere tutte le stelle, magari fosse possibile anche a Roma. Ci fermiamo nell'ultima citta' prima della Monument Valley e cerchiamo un posto dove dormire, fatica sprecata costa tutto troppo e come vedremo il giorno dopo con la luce, la citta' altro non e' che qualche casa e 3 motel, l'unica soluzione rimastaci alla fine e' stata di dormire in macchina, raggiungiamo il centro visitatori e passiamo una splendida notte insonne nell'auto. Il giorno dopo il sole mi sveglia probabilmente cinque minuti dopo essermi riuscito finalmente ad addormentare. Entriamo di buon ora nella monument valley colazione nel bar e qualche minuto a vedere cosa vendono nel gift shop pieno di vasi fatti a mano dagli indiani della riserva (anche se non credo li abbiano fatti loro) ed e' li che ho sentito arrivare da qualche parte della stanza la frase: "Anvedi quanti cocci che channo questi" ci si riconosce ovunque. La monument valley e' imponente ma anche calda, troppo anche solo per uscire dalla macchina e mettersi a camminare, un vero e proprio forno, fortunatamente la si puo girare anche in auto. In meno di due ore riusciamo a vederla tutta e ce ne andiamo verso qualche luogo piu' fresco. E il mio turno alla guida e per sei ore guido su una strada rettilinea tra canyon e pianure desertiche prive di ogni traccia dell'uomo se non per l'ungherese che si stacca dal suo Ipad solo per guardare al contamiglia e ripetermi  con il suo pesante accento, peggiore del mio: "Slow down, don't kill the car".
Arriviamo a Panguicht vicina al Bryce Canyon in tardo pomeriggio e cerchiamo un ostello, niente solo motel, ci buttiamo in uno per 25 dollari a notte. Quel motel per me e' stato come il paradiso entriamo in camera pulitissima con bagno privato televisione  letti kingsize e DUE CUSCINI a testa. Il mattino dopo quando Julius mi ha svegliato alle 6 per andare al canyon mi e' sembrato di tornare ai tempi in cui mia madre mi svegliava per andare a scuola e io ancora abbracciato al cuscino imploravo quei maledetti 5 minuti in piu'.
Dopo quasi 10 giorni, con il senno di poi so quanto mi sarei dovuto godere quel comodo letto e quello dei successivi giorni in Las Vegas.

mercoledì 1 settembre 2010

Roadtrip

Nuovamnete con lo zaino in spalla esco e comincio a vagare tra i bus dell'aeroporto di Los Angeles cercandone uno che mi porti vicino a qualche ostello. Ostello, non credo che meriti questo nome il peggiore in cui sia mai stato: una camerata da venti persone con un solo bagno e senza porta che si potesse chiudere, neanche la cucina. Cerco di dimenticare l'ostello avviandomi nel centro della cittá. Ma purtroppo sono finiti i tempi facili dell'australia e della nuova zelanda, prendo un autobus che impiega piú di un'ora per portarmi nella downtown attraversando quartieri uno piu brutto dell'altro, l'impressione che ho avuto di LA e' di una cittá sporca e vecchia, fatta eccezzione per Hollywood Santa Monica e tutti quei quartieri tirati a lucido per i turisti.
Grazie al cambio di fuso orario ho vissuto per due volte il 24 luglio, cosa poco utile dato che la prima volta l'ho passato chiuso in un aereo e la seconda volta ad addormentarmi sui mezzi pubblici per via del jet lag.
Scappo il giorno dopo da Los Angeles e mi dirigo a San Diego, sul Greyhound pieno zeppo di messicani conosco un francese che andava a Tijuana in Messico. Ho deciso di seguirlo e passato il confine ho preso una camera nel suo stesso albergo. Ho potuto anche mettere alla prova il mio spagnolo per l'america latina: a capire capisco ma a farmi capire e' piu difficile, ne e' un pratico esempio il fatto che quando ho chiesto alla proprietaria dell'albergo dove potessi trovare un ristorante non turistico lei ha capito che cercavo le prostitute, cosa non difficile da trovare dato che ogni 5 metri nella via principale c'e qualcuno che cerca di venderti droga o di trascinarti dentro il suo strip club.
Il giorno dopo in mattinata abbandono il francese nella sua camera e torno negli stati uniti, mi faccio un giro per San Diego e mi vedo anche la partita di baseball, la sera prendo un autobus che mi dovrebbe portare a Tucson.
Arrivo a Tucson alle 5 del mattino e aspetto fino alle 6.30 che la stazione apra con un tipo che viene da Yuma vestito in pieno stile cowboy e con non piu di 3 denti in bocca, sembra il classico tipo che puoi trovare in un saloon di un western. Butto lo zaino nel deposito della stazione, mi prendo un biglietto per la sera con destinazione Albuquerque e comincio a vagare per la citta'. Prima impressione desolazione, la stazione dei pullman e' fuori la citta e mi e' toccato camminare per qualche minuti in una strada desolata con l unica compagnia dei cactus che crescevano nella sabbia ai lati della strada. Seconda impressione? Caldo, ma veramente caldo, 3 giorni fa stavo con poco piu di 10 gradi di massima e ora alle 7 del mattino gia sto sudando. Dopo 2 ore sotto il sole cocente torno alla stazione e decido di cambiare direzione per il nord un po piu fresco. Direzione Flagstaff Grand Canyon.
Arrivo a Flagstaff verso le 10 di sera e con il pesante zaino in spalla mi metto alla ricerca di un posto dove dormire. In citta' c'erano solo due ostelli e ovviamente quello mio era vuoto e l'altro pieno.
Il giorno dopo prendo una navetta con visita guidata al Gran Canyon, qui conosco i miei compagni di viaggio dei giorni successivi: Julius di Budapest, Gabriella di Cracovia e Yasmin di Sydney. L'ungherese ha una macchina quindi il giorno dopo ci si carica a tutti e ci porta a Sedona, la citta' ha una location eccezzionale circondata da enormi montagne rosse, ma purtroppo per me gli altri non avevano alcuna intenzione di fare hiking e mi hanno costretto tutto il giorno a passare di negozio in negozio uno piu' turistico dell'altro.
Ho cercato piu' volte di uccidermi con le rivoltelle in vendita nei negozi ma purtroppo erano riproduzioni per i turisti.