Durata Viaggio

Ho fatto il giro del mondo in 157 giorni e 4 ore

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domenica 31 ottobre 2010

In Patagonia hasta la fin del mundo

Via da San Pedro, destinazione La Serena.
Una notte in pullman e sbarco nella ridente cittadina di mare, o così mi aspettavo, il cielo è coperto di nuvoloni grigi, mi bastano pochi secondi di osservazione per decidere il da farsi.
Calle de Valparaiso
Rientro, faccio il giro delle compagnie e scelgo il bus per Valparaiso che parte più tardi in modo di poter visitare la città.
Altre otto ore di pullman.
Arrivo a Valpo che c'è ancora luce, trovo un ostello fantastico aperto da poco il cui proprietario entusiasta indica tutti i luoghi dove andare e dove non andare della città, alla fine la sera ho diviso una chorillana al ristorante con lui e i suoi amici, ottima cosa che mi ha permesso di passare una notte da chileno vivendo il paese più in una notte che in quanto avrei potuto fare in qualche giorno.
In questi giorni mi sono anche afflitto per decidere il mio seguente itinerario, ho cercato voli treni e bus, ragionato sui giorni e i luoghi da visitare, se andare li o meno. Alla fine decido di raggiungere Ushuaia, ultimo baluardo umano prima di dove la Natura con la sua impervietà ha scritto su una distesa liquida e solida di acqua "non plus ultra".
Sono 70 ore di bus: la mattina mi imbarco presto per Santiago e dopo due ore arrivo nella capitale cilena, ho tempo fino alle 22 per visitarla, dopo un bus in 8 ore mi fa attraversare il confine, altri due timbri sul passaporto gli auguri del poliziotto che ha notato che è il mio compleanno e nuovo paese, finalmente argentina.
Arrivo alla stazione dei bus di Mendosa alle 4 del mattino, pensando di poter prendere un bus verso l'ora di pranzo per Bariloche pazientemente aspetto su una panchina del terminal con la compagnia di un Argentino che strilla ad ogni bus che arriva: "Cambio pesos Argentinos Chileno, Cambio! Cambio!"
Sui tempi mi sbagliavo il primo bus per Bariloche parte alle 20 e arriva alle 13, amen, avrò più tempo per la città. L'aver dormito poche ore mi ha sfiancato e camminare per così tanto tempo non è facile, mi addormento su una panchina del parco.

Patagonia
Bariloche, sembra di stare sulle alpi, la città si affaccia su un lago circondato da vette innevate, il corso è pieno di negozi che producono e vendono cioccolata, alla fine non posso fare a meno di entrare in uno con una fontana di cioccolata e divorare ogni tipo di schifezza in vendita. Passate le cinque ore di attesa per il pullman mi imbarco nuovamente, 32 ore, partenza alle 20 del 26 arrivo previsto alle 3.45 del 28...

Ricordo che dopo poco meno di due mesi dalla mia partenza, quando stavo ancora in Nuova Zelanda, avevo calcolato il tempo speso su mezzi di trasporto quali bus e aerei, ed era circa una settimana, non oso immaginare ora quanto possa essere. Alla fine di questi sei mesi avrò passato due mesi dormendo e forse quasi altrettanti in autobus... Meglio non pensarci.

Sul bus siamo solo turisti, alla fine del viaggio ho tirato fuori la teoria che  gli Argentini anche se hanno parenti nel sud preferiscono lasciarli crepare la invece che ripetere il lungo viaggio.
Le 32 ore passano in fin dei conti in fretta, ormai sono abituato, la solita routine: film-dormi-guardi il panorama-dormi-leggi qualcosa-dormi-mangi-dormi, a far scorrere il tempo più velocemente ci pensa l'atmosfera che si va a creare con le persone che si sono avventurate insieme a me in questa ammazzata: come una piccola gita scolastica. Il tempo scorre e arrivo a El Calafate che quasi non voglio più scendere dal bus:
a) perchè credo sia il luogo in cui ho passato più tempo negli ultimi mesi
b) fuori fa un freddo cane sono le 4 e non ho alcuna intenzione di pagare un ostello per sei ore a prezzo pieno.

Perito Moreno preso mentre cade un pezzo più piccolo
Mi fermo una notte a El Calafate e il giorno dopo vado a vedere uno dei ghiacciai più famosi del mondo. Ho anche avuto la fortuna di poter ammirare un pezzo di ghiaccio staccarsi e cadere in acqua. Intendo, non un piccolo pezzo di ghiaccio o palline di neve che cadono in continuazione, ma uno grosso pressapoco come un pullman forse più grosso (ora che rileggo noto come lo ho paragonato ad un pullman ormai li vedo ovunque), si è staccato lentamente cadendo in acqua con un fragoroso boato propagando delle enormi onde come conseguenza.


Tornato a Calafate ho preso il primo bus diretto a Ushuaia, Tierra del Fuego, ultima città prima dell'antartide. Sono altre 18 ore, partenza alle 3 di notte. Attraversiamo lo stretto di Magellano con una chiatta che trasporta solo noi e il pullman, 500 anni fa per poco non morivano per attraversare questo canale e noi invece con una scrausa imbarcazione in meno di 10 minuti siamo dall'altro lato.
Il pullman, ahime, non è uno di quelli "sudamericanstyle" ma è uno normale, lo scomodo viaggio è ripagato dagli splendidi paesaggi che guardo dal finestrino, e dall'idea di raggiungere (quasi) la fine del mondo!

sabato 23 ottobre 2010

Dalla Bolivia in Chile



Al confine
L’ultima sera in bolivia è stata la più fredda,  nonostante il gelido vento che tirava sono uscito e ho cominciato a camminare tirando calci ai sassi guardando per l’ultima volta il cielo boliviano che a me sembra diverso da qualunque altro luogo.  Continuo a camminare senza una direzione, non ha importanza quando intorno hai il nulla, lo avevo già notato ieri pomeriggio nel salar, quando hai un territorio sconfinato tutto uguale limitato solo dall’orizzonte cominci a camminare senza fermarti. A farmi guardare indietro è il sole che è tramontato alle mie spalle lasciandomi quasi completamente al buio, mi tocca tornare indietro, fortunatamente ho la mia fantastica torcia Quechua con me. 
Cammino una mezz’oretta per tornare, il buio non crea problemi, vedo perfettamente lontane le luci dell’edificio che ospita il mio letto questa notte, inoltre a tenermi compagnia ho il rumore del vento gelido che mi soffia in faccia e della dinamo che devo azionare per tenere accesa la torcia. Mezz’ora di “gneek gneek gneek”  certa gente è diventata pazza così.  Quando mi trovo quasi alla mia meta sento qualche rumore intorno a me, fortunatamente non era un alpaca venuto a sputarmi ma la piccola volpe che girava dentro l’albergo a scroccare avanzi di cibo dai clienti, l’ho ribattezzata Rommel, è venuta da me nella speranza che abbia qualche biscotto da dargli, o anche che muoia congelato in modo che possa cibarsi della mia carcassa.
Valle della luna
Il giorno dopo alle 4.30 partiamo, la notte ha fatto meno quindici ci dice la guida e anche al momento della partenza siamo sotto lo zero, fino a San Pedro de Atacama mi sentirò le dita dei piedi congelate come quando scio. Facciamo un paio di soste in altre lagune gyeser e acque termali dopodiche mi scaricano alla frontiera. Già si nota da qui la differenza fra Chile e Bolivia: la frontiera non è altro che una casetta nel bel mezzo del deserto dove annullare il visto boliviano e  una sbarra prettamente inutile dovrebbe bloccare le auto, dico inutile perchè sono due giorni che andiamo nel deserto dove  la strada è ovunque non è che sia difficile aggirare questa frontiera, subito dopo la sbarra il cartello che segna dove passa la linea immaginaria che delimita il territorio boliviano, un metro dopo il cartello “Republica de Chile” e nell’esatto punto in cui è collocato comincia una nuova strada perfettamente asfaltata senza buche con le strisce ben dipinte.
L’autista mi lascia qui dicendo che devo prendere un certo bus che passerà fra un quarto d’ora, riparte con i francesi per portarli a Uyuni lasciandomi li ad aspettare vanamente. Dopo mezz’ora niente... Sono solo io i due soldati e qualche macchina che va a varcare la frontiera. Chiedo ai soldati se sanno quando arriverà. Mi dicono che è partito un’ora prima, quindi l’autista o non lo sapeva o ha fatto tardi e ha fatto finta di nulla. Pochi secondi di terrore per la mia sorte, poi mi riprendo e chiedo se passano altri bus, la risposta affermativa mi rilassa. Pagato il biglietto e senza problemi l’autobus mi porta in Chile, un’ora di tragitto su una strada normale è così confortevole che mi addormento.
Tramonto sulla valle della luna
Mi risveglio quando arriviamo all’ufficio immigrazione cileno, qua definitivamente rientro nel mondo civilizzato: uno scanner esamina il contenuto di ogni bagaglio, agli stolti che non sapevano vengono sequestrate le foglie di coca. Nella città mi sembra quasi incredibile vedere chileni che parlano inglese senza problemi, europei che lavorano, le donne con abiti normali invece che quelli tipici andini con cappelli da uomo e quando ti siedi al ristorante se un cane prova ad entrare lo cacciano fuori.
Torno dopo un mese, quindi, in un mondo civilizzato e quanto si nota la differenza. Già mi mancano i cibi preparati per strada, gente che ti vende la frutta appoggiata per terra, e i caotici mercati. L’unica cosa che mi è rimasta è il deserto. Pure il cibo è diverso. L’acqua del rubinetto è potabile!!! E non razionata!!! Doccia calda!!! Almeno riacquisto un po di comodità che avevo dimenticato negli ultimi giorni Boliviani.

giovedì 21 ottobre 2010

Salar de Uyuni

Miniera di Potosì
Dopo l'isla del sol vado a La Paz, Sucre e Potosì dove entro in una claustrofobica miniera, che scende di 700 metri nelle montagna, proprio nei giorni in cui tiravano fuori i cileni, la cosa mi rassicurava perchè per ogni evenienza il macchinario per tirarci fuori era pronto a poche centinaia di kilometri.
Isola al centro del Salar
Da Potosì mi dirigo a Tupiza una città i cui dintorni sono ricchi di paesaggi in pieno stile wild west, la cosa più bella della bolivia è che in poche ore di bus cambiano radicalmente gli scenari. Prendo il pullman la notte, sono 8 ore di viaggio. Subito noto che è un pullman differente: in primis non è uno di quelli comodi con tanto spazio per le gambe a cui il sud america mi ha abituato, non c'è neanche il bagno, non che uno non possa sopravvivere per otto ore senza un bagno ma la sua sola assenza fa si che non appena si chiudano le porte ti scappi nonostante tu abbia provveduto a disidratarti per bene mentre aspettavi, poi viene il resto, quando l'autobus è a pieno carico pronto per partire fa salire un'altra ventina di persone che si vanno a collocare nel corridoio... Dopo neanche un'ora dalla partenza abbandoniamo la strada asfaltata, il viaggio prosegue fra sobbalzi vibrazioni e inchiodate per evitare le buche più grandi, dopo qualche ora in quelle condizioni comincio ad avvertire un vago senso di nausea che accresce sempre di più fino a costringermi a tirare fuori la festa dal finestrino, non aver cenato mi ha salvato. Finalmente l'autobus si ferma all'"autogrill" per andare al bagno. Autogrill: una casa nel nulla con un bagno e qualche patatina in vendita, è qui che mi rendo conto che sono l'unico non boliviano sul pullman, la gente mi fissa come se fossi un alieno, un mese fa mi sarebbe preso un infarto per una situazione simile, ma ormai non mi intimorisco più e comincio a parlare con un tipo che ha una maglietta della roma.
Laguna de Canap
Dopo due notti da Tupiza mi dirigo a Uyuni, la strada è di nuovo sterrata ma almeno vedere il panorama mi aiuta a distrarmi dalla nausea e i passeggeri sono nuovamente alcuni in piedi e tutti boliviani. Nelle 8 ore di viaggio conosco un avvocato Boliviano che per la prima volta viaggiava nel sud del suo paese, scopro che il loro presidente guadagna 500€ al mese (e dopo aver visto la sua casa a La Paz la cosa non mi sorprende più di tanto) dopo ciò comincia a tartassarmi di imbarazzanti domande di qualunque tipo, ad esempio: "Sono più lontani gli stati uniti o l'Italia?" Facendomi anche notare l'ignoranza in cui verte il paese. Da qui entro anche nel deserto, la prima parte è montuosa, ogni tanto il pullman si ferma per scaricare qualcuno nel nulla o cambiare una gomma, abbiamo forato cinque volte ma sembrano abituati all'evenienza dato che in ogni città lasciano la gomma bucata a riparare in un'officina e ne prendono un'altra, probabilmente bucata il giorno prima. La seconda metà del viaggio non c'è neanche più quel vago lembo di terra che chiamavo strada, si procede in un piatto deserto sabbioso e sono abbastanza sicuro che il modo per orientarsi dell'autista fosse seguire le orme dei pullman passati prima.
 Arrivo a Uyuni punto di partenza per il tour del salar e varcare la frontiera con il Chile, la città è semplicemente un ammasso di agenzie che vendono i vari pacchetti viaggio, seguo i consigli di un italiano appena conosciuto e prenoto un tour di due notti. La sera ad Uyuni ho le prime avvisaglie del clima che mi aspetta: la notte la temperatura arriva a meno due, tanto che mi sono svegliato con le dita dei piedi ghiacciate. Anche qui docce neanche a parlarne, hanno l'acqua razionata e vogliono 50 bolivianos per fartela fare fredda.
laguna colorada
I miei compagni di tour sono quattro spocchiosi francesi per nulla contenti di avermi tra loro da quel poco che ho capito quando parlavano tra loro, non che io sia felice di trovarmi con quattro persone con cui non ho alcun modo di comunicare se non fargli un disegno. Il tour comincia con l'immenso Salar de Uyuni, una distesa  bianca di sale, di cui ho un ricordo giallognolo dato che sei obbligato a tenerti gli occhiali da sole. Si prosegue entrando nell'arida parte boliviana del deserto di Atacama, attraverdso acque termali e lagune colorate piene di fenicotteri. Qui la temperatura si fa più rigida e la notte scende a meno quindici, dato che alloggiamo in alberghi costruiti con mattoni di fango e paglia e anche il tetto è di paglia sono costretto a dormire con la giacca dentro il sacco a pelo, almeno dopo ciò si è rivelato un peso non inutile...

mercoledì 13 ottobre 2010

Bolivia: Isla del Sol

Non si trova ancora una connessione decente quindi non posso mettere le foto della bolivia quelle di questo post vengono da google

Di ritorno da Machu Picchu ho passato un'altra notte in Cusco, la sera dopo ho preso il bus per il Titicaca. Come suggeritomi da tanti backpackers anzichè fermarmi a Puno ho varcato il confine con la Bolivia e sono andato diretto a Copacabana. Alle sei del mattino l'autobus ci fa scendere e saliamo su un combi che in venti minuti ci porta al confine: una strada sterrata con una catenella a bloccare le auto e due soldati armati.
Sbrigate le  formalità burocratiche di confine e ottenuto un nuovo timbro sul passaporto un altro minibus ci porta alla città in riva al lago. Qui insieme ad una inglese ed una kiwi decido di andare a dormire per una notte sull'isla del sol anzichè nella città. I due giorni seguenti mi confermeranno che è stata una delle mie migliori idee degli ultimi mesi. Il lago Titicaca è immenso guardando in certi punti non si vede la terraferma sembra quasi un mare dall'acqua calma e tersa. La mia barca è lentissima, tutte le altre ci sorpassano e arrivano a destinazione in metà del tempo, mi consolo apprezzando il panorama, bello, ma in poche ore avrei visto di meglio. Dal porto una infinita scalinata porta alla cittadina, ci vogliono 20 minuti per farla fino al primo ostello, dove arrivo senza fiato (ricordiamo che il lago sta a quasi 4000m slm) non ho alcuna intenzione di cercare un alloggio e chiedo il prezzo di una camera: 25 bolivianos!!! il cambio con l'euro è quasi 1 a 10!! Una tedesca chiede dopo di me il prezzo in inglese e per lei sono 30!!! Fantastico, camera privata con vista sul lago. Questo è un'altro di quei luoghi dove la gente vive fuori dal mondo: niente acqua corrente, una fonte di acqua potabile sgorga nel porto a pochi metri dal lago. Donne e muli si caricano sulla schiena su e giu per tutto il giorno taniche di acqua e sacchi di cibo per riempire le riserve delle case, gli uomini coltivano le patate allevano i lama o anche loro sulla schiena si caricano dal porto sacchi di cemento e altri materiali edili, l'isola ha infatti da poco scoperto la ricchezza del turismo, le case si sono trasformate tutte in pensioni per noi economiche e per far fronte alla crescente domanda si stanno costruendo altri edifici destinati ad ospitare e rifocillare turisti, insomma ho potuto ammirare una bellezza naturale prima che l'uomo la distrugga per permettere a più persone di ammirare quello che non ci sarà più.
Conosco una coppia di inglesi e con loro mi dirigo verso le rovine dell'isola, dopo una breve camminata le vedo da lontano e non mi accattivano, decido quindi di lasciare le due inglesi da sole e comincio a salire i terrazzamenti, l'isola è completamente terrazzata, fino alla cima. Il monte nascondeva dall'altra parte una bellissima baia, un fiordo norvegese in miniatura,  in quel momento ho deciso che avrei speso più di una notte sull'isola. Nel frattempo noto un pastore boliviano che come me stava seduto a fissare l'orizzonte, il poveretto probabilmente voleva starsene un po in pace dopo una giornata di duro lavoro ma io del tutto noncurante di questa eventualità mi sono seduto vicino a lui e ho cominciato a parlarci, dopo i primi convenevoli gli ho chiesto cosa si coltivasse sull'isola ed in quel momento lui ha cominciato una dissertazione di 10 minuti sulle patate, sapeva tutto delle patate...
La sera vado a cena con un gruppo di londinesi, inutile dire che la conversazione è finita su Londra escludendomi dalla conversazione.
Mi sono rifatto uscendo dal ristorante, data la totale assenza di luci sull'isola e l'enorme distanza che la separa da ogni altro centro abitato, in cielo si possono ammirare una quantità inimmaginabile di stelle, alcune sembrano più grosse delle altre, ma dopo una più attenta osservazione si può notare che sono semplicemente più stelle vicine.
Il meglio doveva ancora venire,il giorno dopo  mi sveglio con le galline all'alba, la mia camera si affaccia ad est e le leggere tende non impediscono al sole appena sorto di irradiarla. Faccio colazione e mi metto subito in marcia per raggiungere la punta nord dell'isola, ci vorrebbero tre ore ma dopo circa metà del tempo che mi arrampicavo sui terrazzamenti sento la fatica e torno indietro, dopo una settimana ancora non mi sono abituato all'altitudine. Tornato a ¨casa¨ mi metto sul terrazzo a scrivere sul moleskine e a cucire le bandiere sullo zaino. Ieri il panorama era una bellissima distesa azzurra con un altro isolotto al centro e l'orizonte oscurato dalle nuvole. Adesso qualcosa è cambiato: fortunatamente isolotto e lago sono ancora al loro posto, ma in più le nuvole si sono diradate, in lontananza al centro della mia visuale ci sono quattro frastagliati picchi innevati tagliati a metà da qualche nuvoletta, circondati da brulle colline bruciate dal sole, il ragliare di qualche asino in lontanza aggiunge colore al panorama.

Qui probabilmente ci andrebbe qualche frase a chiudere il post ma non la trovo

venerdì 8 ottobre 2010

What happened on the road for Machu Picchu

Dalla cima del passo
La mattina di buon'ora vado a fare il check-out e mi dirigo all'indirizzo dove mi aspetta il minibus per cominciare il trekking. Nel gruppo sono tutti argentini tranne due inglesi. Alle 7.00 partiamo per la nostra prima tappa: un passo andino a 4.300 msl. Da li ci fiondiamo giù per la discesa in mountain bike per raggiungere il paesino di Santa Maria.

Ci vuole mezza giornata di discesa, ci viene offerto anche il pranzo:  pane azzimo con dentro una sottiletta.
Non ho voglia di star a descrivere i paesaggi, comunque spettacolari, che ho visto mentro scendevamo, la cosa che più mi ha impressionato in questi quattro giorni sono i luoghi dove vive questa gente. Completamente isolati lontani ore dalla nostra civiltà, chi non sta nei villaggi vive in un altro mondo: privo di elettricità in certi casi come unico sostentamento le sue galline la terra che coltiva e il baratto per quando necessita qualcosa che non può autoprodursi, rimediano anche qualche soles dai turisti che ci si vogliono fare una foto.
Il centro di santa maria
Arrivati a Santa Maria quello che mi si parava davanti era una città che in Italia verrebbe chiamata:"baraccopoli". L'asfalto non esiste più da molti kilometri prima, il tetto è sempre una lamiera ondulata e spesso anche le mura, i mattoni delle case fuori dai villaggi sono fatti da fango paglia e un terzo elemento che non conosco, essendo nel bel mezzo della giungla andina e di un fiume nella aria ci sono più insetti che atomi di azoto. Dalle 3 alle 6 in certi punti bisogna tenere una mano davanti a naso e bocca per evitare di inalare qualche moscerino. Che poi non sono comuni moscerini: hanno il corpo giallo e nonostante il repellente pungono e succhiano il sangue, a differenza delle nostre adesso adorabili zanzare dopo la puntura di questi (maledetti) non viene subito una bolla ma escono poche goccioline di sangue, il continuo grattarsi provvede a far infiammare la puntura, se si riesce a sopportare il prurito rimane soltanto un puntino rosso sulla pelle.
Volevo dire qualcos'altro su questi paesini nel mezzo delle ande ma la digressione sulle zanzare mi ha fatto dimenticare cosa.
Poche ore prima del collasso
L'ostello è molto spartano (anche se un sinonimo più enfatico può essere: peruviano) un solo bagno per una trentina di persone la finestra della mia camera è rotta, giornale e scotch sostituiscono egregiamente il vetro. Io sto in camera con i due inglesi, arrivati alle tre ci buttiamo sul letto e mentre chiedo cosa possiamo fare fino a cena la guida ci propone il rafting. Al fiume per il rafting ho avuto il mio primo incontro con la moltitudine di insetti che c'è qui, dopo un tuffo nel fiume mi sono ritrovato su un polpaccio una specie di lombrico. Alla sera siamo andati al ristorante per una menù ricorrente nei prossimi quattro giorni: zuppa e riso, inizialmente non è male dato che hanno una grande varietà di zuppe ma alla terza volta si sente il bisogno di qualcosa di consistente.

Il secondo giorno un'altra levataccia, alle cinque già in marcia, per strada si vedono solo i bambini del villaggio che vanno a prendere il colectivos che li porterà a scuola, il centro abitato più vicino che sia simile a qualcosa di civilizzato è a un paio d'ore da qui, la distanza non è eccessiva ma la mancanza di una vera e propria strada rende gli spostamenti molto più lenti e difficili.
Picuro
I primi 5km non sono difficili, fa fresco  camminiamo in piano lungo il fiume (massacrato dagli insetti), per darmi più energie come tutti mastico le foglie di coca, è una sensazione strana avere in tasca un sacchetto per il cui contenuto credo che verrei arrestato in Italia ma qui è perfettamente legale, anche attraversare le varie piantagioni di coca fa lo stesso effetto.
Dopo un'ora abbandoniamo il fiume e cominciamo a salire su per la montagna, ogni mezz'ora di cammino incontriamo donne peruviane con i loro abiti tipici e i cappelli da uomo, vendono acqua e più ci allontaniamo dal villaggio più sale il prezzo. Dopo un paio d'ore raggiungiamo una casa isolata sul crinale della montagna, ci sono delle amache per riposarci e una specie di zoo in miniatura per chiedere soldi a chi passa se vuole farsi foto con gli animali, il più interessante è un picuro che ruba le bottiglie di gatorade e ne beve il contenuto.

Verso mezzogiorno comincia il mio declino, siccome mi avevano detto che avrebbe fatto freddo non mi sono portato il berretto ma giacca felpa e cappello da peruviano, grave errore, fa un caldo inumano e quel cappello peggiora le cose, arrivo al ristorante per il pranzo con un mal di testa epico e neanche tocco la mia fantastica zuppa, in teoria altre tre ore di cammino ci separano dalle fonti termali e da li un'altra mezz'ora per il prossimo villaggio. Io non ce la posso fare e insieme ad una chilena a cui è toccata la mia stessa sorte mi faccio portare dal proprietario al villaggio, la strada dissestata non aiuta la mia cefalea.
Santa Teresa:  villaggio di mille abitanti circa si trova a 32km da quello di ieri, è un po più sviluppato del primo: la via principale non è asfaltata ma cementata e c'è anche una farmacia,questa mi è tornata molto utile non essendomi portato ne aspirina ne tachipirina e neanche il dissenter poichè avevo pensato che dovevo essere proprio sfigato per ammalarmi proprio in questi 4 giorni. Nella farmacia ci sono due donne che non danno l'impressione di sapere cosa ti vendono ma quando non hai scelta...
Non grattarsi
Dormo per tutto il pomeriggio e alla sera il mal di testa mi è completamente passato. Per cena di nuovo zuppa , a movimentare la serata ci pensa una scimmietta che si intrufola nel ristorante e comincia a correre per i tavoli prendendo il pane bevendo dai bicchieri e saltando nella zuppa di qualche malcapitato nell'ilarità degli astanti, la scimmia sparirà dentro un sacco tra le mani del proprietario del ristorante. Dopo ciò smetto di cenare e vado alla farmacia a chiedere qualcosa per prevenire la febbre dato che comincio a sentirmi male, arrivo in camera privo di energie, prima di stendermi devo ingaggiare una sanguinosa battaglia con gli scarafaggi che ho scoperto dimorare nella mia stessa stanza. Ne sopravviverà uno, che nonostante lo abbia calpestato due volte è riuscito a scappare in un buco del muro, ho passato la notte con la luce accesa nel terrore che tornasse a vendicare i suoi compagni. Ovviamente non è venuto lo scarafaggio ma la febbre si.

"Alla Stazione"
Il terzo giorno non ero assolutamente in grado di camminare, indi per cui mi hanno abbandonato al risotrante vicino la ferrovia che collega Santa Teresa ad Agua Calientes, unico segno di civiltà in queste lande sperdute.  Lo aspetto fino a sera dormendo su un'amaca del ristorante. Anche prendere il treno qui è un evento particolare: non c'è una stazione, solo un binario tra le montagne intorno al quale turisti e peruani con enormi sacchi come valigie aspettano. La montagna è troppo ripida per il treno che prima di lasciare la vallata deve procedere a marcia avanti e indietro quattro o cinque volte. L'arrivo ad Agua Calientes è molto folcloristico: i binari attraversano la via principale e si viene scaricati sul marciapiede di fronte ai ristoranti.

Il quarto giorno sono resuscitato, in tempo in tempo per machu picchu, all'alba mi metto in fila per prendere il biglietto e mi riesco a fare anche una bella camminata di 4 ore. Ma come si suol dire la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo: poco dopo essere entrato nel sito archeologico il motore che tira fuori l'obbiettivo della macchina fotografica smette di compiere il suo dovere...

And finally Machu Picchu
          

Fine di questo interminabile post...

Se volevate leggere qualcosa su Machu Picchu mi discpiace...

Ahora Bolivia

venerdì 1 ottobre 2010

Quota 3339 slm

Plaza de Armas (Cuzco)

Eccomi di nuovo a scrivere seduto su un mucchio di cuscinoni nel giardino dell'ostello perchè è l'unico punto in cui riesco ad avere la connessione wireless e una presa eletrica senza che la pioggia mi bagni. Sono arrivato ieri a Cuzco (o Cusco o Cusq' dipende da che cartello leggi) questa mecca turistica del sud america è il fiore all'occhiello del Perù, chiunque attraversi questo paese non può evitare di fermarsi qui per raggiungere Machu Picchu.  Pensavo di non aver problemi per l'altitudine poi ho fatto 10 metri con le buste della spesa e mi sentivo come se avessi corso una maratona. Ho conosciuto due argentini e con loro sono subito andato a prendermi una birra la sera. Loro cercavano di parlare in Italiano, io in spagnolo, il risultato è stato che dopo pochi minuti parlavamo una nuova lingua che era un mix di italiano spagnolo e tanta tanta fantasia Il giorno dopo ho vinto l'affanno grazie ad un infuso alle foglie di coca che mi hanno fatto i ragazzi che lavorano in ostello, l'effetto energizzante è come quello di una red bull e aiuta un pochetto.
Cuzco
Il centro della città coloniale è molto carino, fuori dalla zona turistica invece le case sono fatte per lo più con i mattoni di fango, seguendo le tradizioni locali.
Maiali nel Mercado de Santa Clara
 La mia ultima meta della mattinata era il monastero di santa clara, chiuso, ho deviato quindi in un mercato coperto vicino alla chiesa, dentro c'erano vari banchetti che preparavano anche il cibo: ho cominciato il mio tour gastronomico da una vecchietta con un carrello che per 1 sol vendeva 5 uova sode di  (forse) quaglia ricoperte da una salsa verde, questo era l'antipasto, per il pranzo vero e proprio mi  sono fermato ad un banco meno deambulante dove c'erano alcuni peruviani, ho preso per 5 soles il ceviche (pesce crudo) accompagnato con cipolle aglio peperoncino riso chicchi di pannocchia tostati e camote (una dolce patata arancione) il tutto accompagnato da un bicchiere di una bevanda dal colore giallastro che credo di aver capito  sia una sorta di birra di mais. Per la cena di oggi ho notato ieri sera delle bancarelle che vendono spiedini giganteschi.
Banchetto del ceviche nel mercato

Nei giorni scorsi ho potuto visitare Huacachina e Nazca (o Nasca). La prima è una laguna circondata da alberghi e ristoranti racchiusa da enormi dune di sabbia, una strada la collega con Ica per il resto è solo deserto. Nel pomeriggio con due israeliani, una neozelandese e una dune buggy ho girato per il deserto che circonda l'oasi. Insieme alla macchina ci hanno dato delle tavole di legno simili a snowboard per fare il sandboard. 
Huacachina vista dal deserto
Non ho potuto fare a meno di cimentarmi in questa disciplina ma con scarsi risultati: cadendo ogni metro e mangiando grosse quantità di sabbia.
Sandboarding
Nazca è invece un'arida e desolata località nel deserto, famosa per le omonime linee. Due ore di bus normale mi portano nella culla dell'antica civiltà Nazca, sul bus conosco una ragazza di Hong Kong (Hong Kongese?) diretta ad Arequipa, lungo il tragitto ad ogni fermata saliva gente che cercava di vendere qualcosa ai passeggeri, inutile dire che con me e l'asiatica si accanivano in modo particolare in quanto unici non peruviani a bordo. Sono rimasto a Nazca solo il pomeriggio, giusto il tempo di vedere le linee, appena sceso alla stazione mi sono diretto all'aeroporto dove ho preso un aeroplanino per sorvolarle, dico aeroplanino perchè era minuscolo: aveva quattro posti e il vento lo faceva "scarrocciare" come una laser senza deriva. Una adrenalinica esperienza che sconsiglio decisamente. In serata ho vinto le mie insensate paure e ho passeggiato per il centro di nazca mangiando in un ristorante con un  cane sotto al tavolo che non aspettava altro che mi cadesse un pezzo di carne.
Questo è un aereo non una macchina
Tornato in stazione ho aspettato il bus fino all'una di notte in compagnia di una coppia di francese che stava facendo per la seconda volta il giro del mondo (nella prima dieci anni fa si erano conosciuti) unica differenza dalla prima volta è che adesso stanno viaggiando zaino in spalla con i figli di 8 e 6 anni!!!! Epici.
Il bus in 16 ore mi ha portato a Cuzco, sono riuscito anche a farmi odiare dalla hostess perchè verso fine viaggio hanno fatto il bingo sul pullman, in palio un biglietto di ritorno per Lima totalmente inutile per me ho giocato tanto per passare il tempo ma quando ho visto che per la prima volta sono riuscito a vincere a questo gioco non mi sono potuto trattenere dal gridare: "Bingo!" ovviamente ho rifiutato il premio e quindi la hostess ha dovuto distribuire nuovamente le cartelle e ricominciare tutto da capo.

Adesso cercherò di ambientarmi all'altitudine per proseguire con il trekking di 4 giorni per Machu Picchu e poi andare a Puno quota 3800 slm.